Aconitum (L. 1753), comunemente noto come aconito, è un genere di piante erbacee appartenente alla famiglia delle Ranunculaceae, diffuso nell'intero emisfero settentrionale[1].
Il nome del genere ("Aconitum") deriva dal greco akòniton (= "pianta velenosa"). La pianta infatti risulta conosciuta per la sua elevata tossicità fin dai tempi dell'antichità omerica. Con questo nome probabilmente veniva indicata una pianta velenosa endemica il cui habitat frequente era tra le rocce ripide di alcune zone della Grecia. Due sono le radici che vengono attribuite al nome: (1) akòne (= “pietra”) facendo riferimento al suo habitat; (2) koné (= “uccidere”), facendo ovviamente riferimento alla sua tossicità. Veniva anche usata come simbolo negativo (maleficio o vendetta) nella mitologia dei popoli mediterranei.
Secondo altre fonti (Plinio)[2] il nome Aconitum deriva da un antico porto sul Mar Nero: “Aconis”.
La denominazione scientifica attualmente accettata (Aconitum) è stata proposta da Carl von Linné (1707 – 1778) biologo e scrittore svedese, considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, nella pubblicazione Species Plantarum del 1753.
La specie tipo per questo genere è: Aconitum napellus L..
I dati morfologici si riferiscono soprattutto alle specie europee e in particolare a quelle spontanee italiane.
Sono piante erbacee, perenni la cui altezza va da pochi decimetri fino a 2 metri. In Italia queste piante si presentano con due forme biologiche: (1) geofite rizomatose (G rhiz), ossia piante che portano le gemme in posizione sotterranea; durante la stagione avversa non presentano organi aerei e le gemme si trovano in organi sotterranei come rizomi, un fusto sotterraneo dal quale, ogni anno, si dipartono radici e fusti aerei. Oppure (2) emicriptofite scapose (H scap), ossia piante con gemme svernanti al livello del suolo e protette dalla lettiera o dalla neve, dotate di un asse fiorale eretto e spesso povero o privo di foglie.
Le radici sono secondarie da rizoma.
L'infiorescenza fondamentalmente è di due tipi: (1) a racemo poco ramoso e compatto (quasi una spiga), oppure (2) tipo pannocchia più o meno ramosa (a rami divaricati) e fogliosa con una disposizione lassa o densa dei fiori. In tutti i casi l'infiorescenza è sempre terminale (raramente ascellare). Alla diramazione dei rami sono presenti delle foglie di tipo bratteale che però non formano un involucro. I fiori sono peduncolati. I fiori sui racemi o sulle pannocchie possono raggiungere la trentina di unità. Dimensione media dell'infiorescenza: 10 – 30 cm.
I fiori di questo genere sono considerati fiori arcaici, o perlomeno derivati da fiori più arcaici dalla struttura aciclica. Il perianzio è formato da due verticilli: gli elementi esterni hanno una funzione di protezione e sono chiamati tepali o sepali (la distinzione dei due termini in questo caso è ambigua e quindi soggettiva); quelli interni sono dei nettari[3] (in questo fiore la corolla è praticamente assente). I fiori sono pentameri (a cinque elementi) a simmetria zigomorfa (o bilaterale) ed ermafroditi. Il colore del perianzio è blu, violetto o anche giallo-biancastro. Dimensione media dei fiori: 25 – 35 mm.
Il frutto è costituito da un aggregato di 3 - 5 capsule o follicoli sessili e polispermi (frutto secco sviluppato longitudinalmente con delle fessure per la fuoriuscita dei semi); la forma è cilindrica-oblunga con fianchi debolmente venati. Ogni follicolo termina con un becco diritto. All'interno del follicolo sono contenuti numerosi semi piccoli di colore bruno e dalla superficie rugosa (possono essere lamellati). Lunghezza del becco: 2 – 3 mm.
Per questo genere il tipo corologico definito è “Circumboreale-Artico”, per cui a latitudini basse preferisce scegliere habitat a quote medio-alte. Le specie del genere “Aconito” in Italia sono distribuite soprattutto al nord (nelle Alpi) e prediligono zone non troppo soleggiate e lievemente umide ai margini dei boschi a quote medie (difficilmente scendono verso il piano). Al di fuori delle Alpi questo genere è presente nei Carpazi e anche in molte altre catene montuose europee (soprattutto la specie Aconitum napellus). È altrettanto presente nella flora asiatica (qui si ha la concentrazione maggiore di specie): Asia Orientale e Asia Meridionale (India). Qualche specie è presente anche nelle catene montuose del Nord America (Aconitum delphiniifolium nativo del Canada e Alaska).
Il genere Aconitum comprende 311 specie[1] (una dozzina delle quali sono spontanee dei territori italiani) distribuite soprattutto nelle regioni temperate. La famiglia delle Ranunculaceae invece comprende oltre 2000 specie distribuite su circa 47 generi[5] (2500 specie e 58 generi secondo altre fonti).[6]
L'assetto tassonomico di questo genere in questi ultimi decenni ha subito più di qualche modifica e revisione. Ad esempio le specie A. vulparia e A. lamarckii (descritte da Pignatti nella “Flora d'Italia”)[7] sono state incluse nella specie Aconitum lycoctonum L. emend. Koelle.[8] Oppure le sottospecie A. variegatum subsp. paniculatum e A. variegatum subsp. valesiacum sono state trasferite nella specie Aconitum degeni Gáyer.[8]
All'interno del genere le vari specie sono raggruppate in sottogeneri e sezioni. L'elenco seguente indica alcune di queste sottodivisioni:
Qui di seguito viene proposta una classificazione scientifica (tradizionalmente accettata) di questo genere:
Le ultime ricerche sulla famiglia delle Ranunculaceae mettono in discussione la classificazione precedente proponendone una più in linea con gli ultimi studi filogenetici[10] (anche se – come affermano gli stessi ricercatori – sono richieste ulteriori prove per inserire definitivamente il clade delle “Delphineae”' nella sottofamiglia delle “Helleboroideae”):
Nell'ambito della famiglia delle Ranunculaceae, le cui sequenze nucleotidiche convalidano l'ipotesi di un'origine monofiletica, il genere Aconitum (insieme ai generi affini Actaea, Caltha, Helleborus, Trollius, Nigella e Delphinium) rappresenta un sottoclade basato sui tepali petaloidi (anche se per il momento le sequenze nucleotidiche non lo confermano).[5]
Un'ulteriore affinità filogenetica si ha con il genere Delphinium: tra i due generi sono presenti delle analogie nel cariotipo, la produzione di alcaloidi come diterpene e alcune similitudini nella morfologia floreale.[2]
Un recente studio[10] (dal quale è stato tratto il cladogramma semplificato della figura a lato) fatto in base ad analisi filogenetiche molecolari di alcune specie della famiglia delle Ranunculaceae (per il genere “Aconitun” sono state usate soprattutto delle specie originarie dell'Asia orientale) conferma un clade per i generi Delphinium, Consolida e Aconitum. Affinità sostenute anche da un punto di vista morfologico; infatti tutti e tre questi generi hanno infiorescenze di tipo racemoso, fiori zigomorfi, follicoli liberi e contengono anche l'alcaloide tipo diterpene (che non è presente in altre specie della famiglia).
Tutte le specie di Aconitum si presentano con grande variabilità facilitata da cause di isolamento e di ibridazione e di conseguenza con problemi di classificazione (vedi sopra). Spesso si tratta di individui poliploidi. La variabilità di queste specie si manifesta in molti caratteri: la lunghezza dei segmenti delle foglie, l'infiorescenza (lassa o densa), l'altezza del fusto, la forma e dimensioni dell'elmo. Gli elementi che maggiormente caratterizzano questi fiori sono la forma dell'elmo e il tipo di infiorescenza. Nelle immagini qui sotto queste caratteristiche sono schematizzate in riferimento ad alcune precise specie di Aconitum:
Per meglio comprendere ed individuare le varie specie del genere (solamente per le specie spontanee della flora italiana) l'elenco che segue utilizza in parte il sistema delle chiavi analitiche, vengono cioè indicate solamente quelle caratteristiche utili a distinguere una specie dall'altra (da Pignatti[11] aggiornato secondo la pubblicazione “An annotated checklist of the Italian Vascular Flora” di AA.VV.[12]).
Tutte le specie spontanee della flora italiana di questo genere vivono sull'arco alpino. La tabella seguente mette in evidenza alcuni dati relativi all'habitat, al substrato e alla distribuzione di questi fiori relativamente allo specifico areale alpino.[13]
Legenda e note alla tabella.
Per il “substrato” con “Ca/Si” si intendono rocce di carattere intermedio (calcari silicei e simili); vengono prese in considerazione solo le zone alpine del territorio italiano (sono indicate le sigle delle province).
I generi che più si avvicinano a quello di questa voce sono: Delphinium e Consolida entrambi compresi nella famiglia delle Ranunculaceae. Nel paragrafo “Sistematica” e “Filogenesi" sono indicate le affinità tra questi tre gruppi. Le differenze invece consistono soprattutto nella morfologia del fiore: in Delphinium i sepali sono aperti, mentre in Consolida sono più lanceolati; inoltre entrambi i fiori di questi generi sono vistosamente speronati (il sepalo superiore che nell'Aconitum ha la forma di un casco, mentre in questi due tipi di fiori è prolungato all'indietro a forma di uno stretto tubo conico).
Tutti gli “aconiti” sono velenosi (contengono alcaloidi tipo diterpene e glucosidi – soprattutto l'aconitina). L'impiego dell'Aconitum in campo medico è ricordato da Dioscoride Pedanio nel suo trattato e fu riconsiderato dal medico austriaco Anton von Stoerck (1731 – 1803) ricordato per le sue ricerche cliniche sulle proprietà medicinali (ma anche sui vari livelli di tossicità) di varie erbe. In un lavoro del 1763 egli descrisse le sensazioni provocate dall'Aconitum (eccesso di salivazione, intorpidimento degli arti, formicolio) e propose l'impiego della pianta a scopo curativo per alleviare dolori reumatici, gonfiore e dolori nevralgici. Si deve aggiungere comunque che l'uso degli aconiti nella medicina moderna si è in gran parte attenuato nel decennio 1930 – 1940.[2]
Questa pianta estremamente velenosa in forma selvatica ma usata in campo farmacologico, in dose minima, perde gran parte del suo potenziale velenoso. L'aconitina, infatti, è mortale in dosi da 1 a 5 milligrammi e viene considerata uno dei veleni più potenti che si conoscano al giorno d'oggi. I sintomi per avvelenamento di queste piante sono nausea, vomito, diarrea, bradicardia, aritmia e infine arresto cardiaco e morte.
Nella medicina popolare, anticamente, venivano usate le radici opportunamente essiccate per le seguenti proprietà medicamentose: antinfiammatorie (attenua uno stato infiammatorio), antireumatiche (attenua i dolori dovuti all'infiammazione delle articolazioni), vermifughe (elimina i vermi intestinali) e analgesiche (attenua in generale il dolore).
Queste piante vengono soprattutto coltivate come fiori ornamentali grazie all'elegante contrasto tra i fiori e il ricco e decorativo fogliame (è del 1790 l'introduzione nei giardini europei della bella specie Aconitum japonicum).[14] Sono piante rustiche (di facile impianto e mantenimento) e in genere si adattano a qualsiasi tipo di ambiente, tuttavia è bene precisare che necessitano di un terreno possibilmente umido e ricco di Humus. Alcune specie di Aconitum (come l'Aconitum japonicum e l'Aconitum lycoctonum) necessitano un terreno di brughiera e una posizione estremamente ombreggiata. Superano facilmente i rigori dell'inverno. Si propagano facilmente per divisione del piede.
L'antichità della pianta (nella conoscenza umana) è testimoniata da una ricca documentazione storica, mitologica, poetica e altro. Qui di seguito vengono riportate alcune testimonianze e curiosità.[15]
Aconitum (L. 1753), comunemente noto come aconito, è un genere di piante erbacee appartenente alla famiglia delle Ranunculaceae, diffuso nell'intero emisfero settentrionale.